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Dopo dieci mesi da oggi nessun paziente covid nelle terapie intensive varesine

VARESE, 23 luglio 2021-Oggi, primo giorno dopo dieci mesi consecutivi, non ci sono pazienti covid nelle terapie intensive dell’ASST Sette Laghi, che tornano così ad essere covid-meno, come si dice nel gergo maturato in lunghi mesi di pandemia.

Era dall’ottobre scorso che non accadeva, quando l’escalation della seconda ondata aveva portato in meno di un mese ad accogliere 43 pazienti contemporaneamente necessitanti cure intensive. Per farlo, si è reso necessario convertire quattro reparti di rianimazione dei sei totali, oltre ad allestire ex novo altri 16 posti letto intensivistici in un’area del blocco operatorio dell’Ospedale di Circolo perfettamente attrezzata allo scopo.

Dall’inizio dell’emergenza, sono 679 i pazienti colpiti dal Covid-19 curati nelle Rianimazioni varesine, senza contare quello assistiti nel modulo dell’Ospedale di Fiera Milano gestito dal personale dell’ASST Sette Laghi. Numeri in linea con il ruolo di hub covid assegnato all’Ospedale di Circolo di Varese a livello regionale, in virtù del quale si è mantenuto per mesi un collegamento intenso e costante con le altre Rianimazioni lombarde attraverso il coordinamento regionale delle rianimazioni.

Per mesi, medici, infermieri e OSS della Rianimazione hanno lavorato a cavallo di quella linea rossa disegnata sul linoleum del pavimento che indicava il confine da non oltrepassare se non opportunamente protetti. Per ogni operatore impegnato accanto ai pazienti, il suo doppio stava al di qua della linea rossa, per preparare e passare farmaci e dispositivi medici, in un’organizzazione lineare ed efficace.

A cavallo di quella linea rossa si è combattuto uno scontro durissimo con ordine e silenzio, interrotto solo dai sibili e dagli allarmi dei ventilatori polmonari e delle altre macchine che tenevano in vita i pazienti. Ecco perché si chiama rianimazione quel reparto e forse mai come in questi mesi il nome ha dimostrato di essere così azzeccato: se l’anima è il soffio vitale, il respiro che fa vivere, è proprio quello che si è cercato di restituire a quei malati di Covid-19, così diversi tra loro, ma tutti in cerca di quel respiro che all’improvviso è venuto a mancare.

“E’ stata durissima, logorante, sfinente – commenta il Prof. Luca Cabrini, Direttore della Terapia Intensiva Generale e Neurochirurgica –  mesi e mesi trascorsi a confrontarci quotidianamente con questa malattia terribile contro la quale non abbiamo ancora un’arma specifica. Non dimentichiamo quello che ha comportato per i pazienti, per le loro famiglie, per noi. Allo stesso tempo è stata arricchente: tutto quello che il covid toglieva, le relazioni tra colleghi hanno restituito. Ci siamo ritrovati ancora più uniti, ancora più squadra. E non solo tra noi, in Rianimazione, ma anche con tutti gli altri professionisti che hanno lavorato al nostro fianco, dall’Ingegneria clinica alla Logistica, alla Farmacia. Se siamo riusciti a far fronte a questa emergenza straordinaria – e ci siamo riusciti – è davvero merito di un grande gruppo affiatato. E il modello organizzativo che abbiamo sperimentato si rivelerà prezioso anche per far fronte alle nuove sfide che ci riserverà questo futuro così incerto. Purtroppo, non sappiamo per quanto tempo le nostre rianimazione resteranno covid meno: ci auguriamo per sempre, ma restiamo pronti come fosse solo per un’ora”.

 

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