Una donna deve reagire alla molestia entro 20 secondi altrimenti non è reato: questa la sentenza del tribunale di Busto Arsizio

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Tribunale di Busto Arsizio (foto varesenews.it)

VARESE, 5 luglio 2024-Venti secondi. Non è  il titolo di un libro, se lo fosse stato lo avremmo apprezzato quale stimolo di riflessioni sull’epilogo doloroso di un brutto accadimento dove la protagonista e vittima è una donna.Non è neanche il titolo di un film, qui non c’è nessuna Lisbeth Salander capace di restituire con odio e con ferocia le violenze subite.

20 secondi secondo il Tribunale di Busto Arsizio, è il tempo durante il quale una molestia si trasforma in un apprezzamento. Si tratta di una sentenza riconfermata in appello che scagiona il molestatore perché la vittima  – una donna –  non ha reagito fermandolo tempestivamente, ma ben 20 secondi dopo!!

Quindi secondo questa sentenza anche ifischi per strada, gli sguardi inopportuni, i commenti pesanti,  lemanomorte, le denigrazioni e le palpatine se non respinte velocemente e a tono non sono violenza? E chissenefrega se la malcapitata è sola, ha paura ed è confusa. Sotto accusa non c’è il comportamento dell’uomo ma solo la capacità di risposta della donna. Questo èun salto culturale indietro di decenni!

Da quando si sale in autobus, in treno, si va a scuola o al lavoro, a fare la spesa, fino al rientro a casa molte donne sono oggetto di molestie o addirittura violenze. Secondo l’ISTAT “tra le donne che hanno subìto violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, cioè l’essere toccate o abbracciate o baciate contro la propria volontà (15,6%), i rapporti indesiderati vissuti come violenze (4,7%), gli stupri (3%) e i tentati stupri (3,5%)”.

Sono numerose le donne vittime di violenza e/o molestie che ci chiedono aiuto. A volte  anche solo per riuscirne a parlarne liberamente con qualcuno di cui si fidano. A volte ci arrivano segnalazioni dalle persone a loro vicine. Quanto imbarazzo e  paura in quegli occhi, in molti casi  arriva il ripensamento e la rinuncia a difendersi per non dire nulla a casa, per la paura di perdere il posto o di essere additata dai colleghi.Ci sono donne che ci mettono anni per decidersi a denunciaree sentenze di questo tipo, lo diciamo chiaramente, non aiutano.

Ma approfondiamo meglio. Se la reazione è arrivata 20 secondi dopo l’inizio della molestia,secondo la sentenza vuol direche leici stava pensando? Che forse le sarebbe piaciuto? E’ questa la parte per noi più inaccettabile.  Qui non si è giudicato il comportamento non richiesto (insistiamo non richiesto!) di un uomo. Lo si dà per scontato, uomo macho e predatore che segue l’istinto pelvico irrefrenabile. La donna, secondo questa visione primitiva è una preda, punto.

Non sono ancora bastati ad alcuni uomini 20 mila anni di evoluzione darwiniana per vedere questo comportamento culturalmente debellato? Per riuscirci serve un impegno di tutte e tutti per un cambio culturale che in Italia non è ancora arrivato: se una donna non esplicita il consenso, il consenso non c’è!!

La Danimarca, la Svezia , la Grecia, la Spagna e la Svizzera attraverso leggi specifiche hanno riconosciuto l’obbligo del consenso esplicito, il semplice fatto che un rapporto sessuale  è senza consenso costituisce uno stupro.  In Italia e altri paesi  europei purtroppo ancora si adotta il modellovincolatocioè si considera reato di stupro l’aggressione sessuale che avviene con minaccia, violenza o costrizione. Qui da noi i giudici devono valutare tutte le reazioni della persona che denuncia di avere subito lo stupro. La donna è sottoposta ad un vero e proprio processo con tanto di dettagli e interrogatori  per dimostrare di essere una vittima.

Serve attenzione e impegno per un urgente cambio culturale, o come recita la direttiva europea “una sensibilizzazione alla cultura del consenso”, dicitura di gran lunga ammorbidita rispetto alle richieste da diversi paesi membri. Il nostro impegno va in questa direzione.  In CGIL da tempo è attivo il coordinamento BelleCiao, dove si affrontano i diversi temi delle politiche di genere con precise rivendicazioni dentro e fuori la nostra organizzazione. La CGIL da sempre è in campo insieme alle altre organizzazioni sindacali ai centri antiviolenza, le consigliere di parità, le forze dell’ordine per contrastare il fenomeno delle molestie e violenze  in generale ma soprattutto nei luoghi di lavoro.

Quanto accaduto è grave sia che si tratti di un sindacalista, di un prete, di un insegnante o di un allenatore. Nessuna organizzazione ne è immune. Per questo  la CGIL  applica al suo interno un rigido regolamento che funge da prevenzione e da contrasto insieme ai percorsi di formazione proposti  anche dalla CGIL di Varese. Molti sindacalisti uomini ne fanno parte e questo è un buon punto di forza.

Stefania Filetti

Segr. Gen CGIL Varese

 Gaia Angelo

Respcoord. Donne CGIL Varese