BOLOGNA, 26 settembre 2024-L’aumento dell’attività umana negli ambienti marini è associato a un drastico calo delle interazioni tra predatore e preda e tra parassiti e ospiti negli organismi che vivono sui fondali dell’Adriatico settentrionale: un dato che mostra una forte diminuzione della diversità e della stabilità di questi ecosistemi.
L’antagonismo interspecie in Adriatico si sta modificando, e non è una buona notizia
A lanciare l’allarme sono due studi internazionali che vedono tra gli autori Daniele Scarponi, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna.
Il primo, uscito su Geology, ha ricostruito come il livello di infezione parassitaria nelle vongole (che vengono utilizzate come ospiti temporanei) sia cambiato negli ultimi millenni, in concomitanza con l’aumento della presenza antropica lungo le coste dell’Adriatico.
“Ci siamo concentrati in particolare sui trematodi Gymnophallidae: un gruppo di vermi piatti che durante il ciclo vitale parassitizza anche le vongole adriatiche”, spiega Scarponi. “Le tracce di questa interazione sono delle piccole depressioni circolari lasciate nella parte interna del guscio dei bivalvi”.
Per ricostruire le dinamiche parassitarie nel tempo, sono stati analizzati e comparati campioni di gusci di vongole presi sull’attuale fondale sabbioso poco a sud del Delta del Po e da sedimenti sabbiosi che si sono depositati in ambienti comparabili ma risalenti a circa 2.500 anni fa: un periodo precedente all’instaurarsi di un significativo impatto antropico sugli ecosistemi marini dell’Adriatico.
“La nostra analisi mostra che negli ultimi migliaia di anni c’è stato un collasso nell’abbondanza e diffusione delle tracce dei trematodi studiati nei gusci di vongola adriatica”, dice Scarponi. “Abbiamo notato in particolare che nelle aree con una forte presenza di vongole, il numero di gusci con tracce dei parassiti è diminuito di quasi dieci volte: sono risultati preoccupanti, perché la diversità dei parassiti si specchia in molti casi con quella degli ecosistemi da cui dipendono per la loro sopravvivenza”.
A tal proposito, il secondo studio – pubblicato su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences e condotto sempre su associazioni a molluschi dei fondali marini adriatici – mostra come anche le interazioni tra preda e predatore siano diminuite negli ultimi decenni, specialmente nell’area del Delta del Po.
Gli studiosi hanno analizzato le tracce di predazione – piccoli fori “circolari” lasciati da alcuni gasteropodi su altri gusci di molluschi – in depositi marini che si sono accumulati nel corso delle ultime migliaia di anni. Anche in questo caso si assiste a preoccupante declino delle interazioni predatore-preda, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Un fenomeno dovuto sia alla forte diminuzione dei molluschi predatori che al cambiamento delle specie di molluschi che un tempo erano più abbondanti nei fondali dell’Adriatico.
“Queste evidenze confermano molti altri dati che mostrano, su più fronti, il cambiamento in atto di ecosistemi marini dell’alto Adriatico”, conclude Scarponi. “La linea temporale della riduzione delle relazioni antagonistiche si associa all’incremento delle attività umane sugli ambienti marini e la trasformazione dell’Adriatico sostanzialmente in un mare ‘urbano’”.
Il primo studio è stato pubblicato sulla rivista Geology con il titolo “A sea of change: Tracing parasitic dynamics through the past millennia in the northern Adriatic, Italy”. Il secondo è uscito invece sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences con il titolo “Human-driven breakdown of predator-prey interactions in the northern Adriatic Sea”.