VARESE, 7 maggio 2025-di GIANNI BERALDO
Che fine ha fatto la ‘vecchia’ Lega Nord (poi divenuto un partito ad personam), quella che raggiungeva il cuore di migliaia di militanti con temi cari soprattutto al Nord del Paese. La Lega Lombarda pirma e Lega Nord poi, del vulcanico fondatore Umberto Bossi, del pragmatismo vincente di Roberto Maroni e tanti altri politici del carroccio oramai dimenticati?
Semplice: quella Lega e quei militanti non esistono più da parecchio tempo, per fare posto alla Lega per Salvini che di fatto ha ‘cannabilizzato’ il partito.
E la recentissimanomina di Roberto Vannacci a vice segretario della Lega non è stata
una semplice mossa di riorganizzazione interna. È la plastica e fragorosa certificazione di una deriva a destra che il partito di Matteo Salvini ha intrapreso da tempo, ma che ora, con questa scelta, raggiunge il suo culmine. L’ex generale, noto per le sue posizioni radicali e le sue esternazioni controverse, entra di diritto nel cuore del potere decisionale del Carroccio, segnando un punto di non ritorno e suscitando un’ondata di reazioni che attraversano l’intero spettro politico.
Per comprendere appieno la portata di questa decisione, è necessario ripercorrere le tappe di una trasformazione che ha progressivamente allontanato la Lega dalle sue origini autonomiste e federaliste, care al suo fondatore Umberto Bossi.
Sotto la guida di Salvini, il partito ha virato con decisione verso un sovranismo muscolare,

un nazionalismo identitario e una retorica incentrata sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, spesso declinati con toni che strizzano l’occhio all’estrema destra. L’alleanza con formazioni politiche di analoga ispirazione a livello europeo, così come la progressiva emarginazione delle voci più moderate all’interno del partito, sono stati segnali inequivocabili di questa evoluzione.
L’approdo di Vannacci a un ruolo di primo piano non è un fulmine a ciel sereno. Le sue posizioni, espresse con veemenza e senza filtri, su temi delicati come l’immigrazione, l’omosessualità e il femminismo, sono state a lungo oggetto di dibattito e critica. La sua nomina a vice segretario rappresenta una vera e propria legittimazione di queste idee all’interno della Lega, un partito che, pur avendo radici nel Nord Italia, ha saputo intercettare un elettorato ben più ampio, sensibile a narrazioni identitarie e securitarie.
Le conseguenze di questa scelta sono molteplici e potenzialmente dirompenti. All’interno della coalizione di governo, la convivenza con alleati come Fratelli d’Italia, pur condividendo una matrice di centro-destra, potrebbe farsi più complessa, considerando le differenze di stile e, in alcuni casi, di visione. A livello elettorale, resta da capire se questa radicalizzazione pagherà in termini di consenso o se, al contrario, allontanerà una parte dell’elettorato più moderato.

La nomina di Vannacci, inoltre, rischia di acuire ulteriormente la polarizzazione del dibattito politico italiano, offrendo un megafono potente a posizioni che molti considerano divisive e in contrasto con i valori fondamentali della Costituzione. Le reazioni degli altri partiti non si sono fatte attendere, con critiche che spaziano dalla preoccupazione per la deriva estremista alla condanna di un’operazione percepita come puramente strategica in vista delle prossime scadenze elettorali.
In conclusione, la promozione del generale e europarlamentare Vannacci, segna un punto di svolta inequivocabile nella storia recente della Lega. Il partito di Salvini, abbandonando definitivamente le sue originarie istanze territoriali, si radica sempre più saldamente nel terreno fertile dell’estrema destra italiana, con tutte le incognite e le sfide che questa scelta comporta per il futuro politico del Paese e per gli equilibri europei. Resta da vedere se questa mossa si rivelerà una strategia vincente o un azzardo che finirà per isolare ulteriormente il Carroccio.
Chissà che il prossimo step per Vannacci non sia quello di spodestare lo stesso Salvini in tempi brevi?