Adré, Ciad: Medici Senza Frontiere in prima linea sul confine tra fuga e speranza

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ADRE’,(CIAD) 8 maggio 2025 – La polvere rossa sollevata dal vento incessante segna il confine tra la disperazione e un fragile barlume di speranza. Qui, ad Adré, città ciadiana a un tiro di schioppo dal Sudan martoriato dalla guerra, l’eco dei combattimenti si traduce in un flusso continuo di volti segnati dalla fatica e dalla paura. Medici Senza Frontiere (MSF) è in prima linea in questa emergenza umanitaria.

Il presidio di MSF è una risposta immediata a questa crisi: due grandi tendoni piantati con urgenza sul ciglio di un’arteria polverosa. Qui, il team di MSF lavora incessantemente, in una corsa contro il tempo per vaccinare i bambini appena giunti, fragili come giunchi, e intercettare le emergenze sanitarie più gravi, indirizzandole verso l’ospedale cittadino dove MSF supporta attivamente i servizi sanitari.

La vita pulsa frenetica attorno a noi. Non solo rifugiati stremati, ma anche un incessante via vai di commercianti locali: figure che solcano queste piste sabbiose con i loro asini carichi di carbone e legna, camion traboccanti di pellame, taniche ondeggianti di carburante. La sabbia, complice del vento, danza e poi si posa, conservando per un istante le impronte di questo incessante transito.

Eppure, in questo caos apparente, l’occhio esperto di chi lavora con MSF impara a leggere i segni della disperazione recente. Il primo indizio è un carro trainato da un cavallo che spunta da est, carico di famiglie intere. Il sospetto si fa certezza quando riconosciamo chi tiene le redini: uomini che di solito trasportano merci, volti familiari che incrociano i nostri da tempo. Loro conoscono l’équipe di MSF, sanno che qui i bambini possono ricevere un vaccino salvavita, che un malore improvviso può trovare una risposta immediata. Un fischio, un gesto, una parola scambiata e quei carri carichi di storie di fuga si accostano ai tendoni di MSF.

È il caso di una donna sola, gli occhi gonfi di paura, stretta alle sue due figlie. Sono scappate da El Fasher, nel cuore del Sudan in fiamme. Una delle bambine tossisce senza sosta da una settimana, la febbre alta le fa tremare il corpicino. Il team medico di MSF teme una polmonite, insidiosa e letale in queste condizioni di estrema vulnerabilità.

Poco dopo, incrociamo lo sguardo di tre famiglie arrivate insieme dall’inferno del campo di Zamzam, in Sudan, un luogo che fino a poco tempo fa offriva un precario riparo e che ora è finito sotto l’attacco brutale delle Forze di Supporto Rapido. Quattordici giorni di viaggio estenuante, un calvario fatto di tratti a piedi, passaggi fortunosi su carri di fortuna, qualche strappo in auto per chi aveva ancora qualche soldo. Giorni interi senza cibo sufficiente, la gola arsa dalla sete. Ora sono qui, ad Adré, ma i segni della sofferenza sono impressi sui loro volti scavati.

Una bambina, in particolare, preoccupa il personale di MSF. Il suo braccialetto MUAC, stretto attorno al braccio sottile, rivela un drammatico colore rosso: malnutrizione acuta. La procedura scatta immediata. Per lei e la sua famiglia, il carro non sarà la prossima tappa. Ad attenderli c’è l’ambulanza di MSF, pronta a sfrecciare verso l’ospedale di Adré, dove l’organizzazione gestisce con dedizione i reparti di neonatologia, pediatria e un centro specializzato per la malnutrizione.

Qui, su questo lembo di terra arida, tra la polvere e il vento, si consumano drammi silenziosi e si accendono piccole luci di speranza grazie all’instancabile lavoro di Medici Senza Frontiere. Ogni bambino vaccinato, ogni malato assistito, è una vittoria fragile contro l’orrore della guerra. Ma la strada è ancora lunga e il confine, pur segnato da due semplici tendoni, continua a essere un varco di dolore e disperazione che MSF si impegna ad attraversare ogni giorno.

Dall’inizio della guerra quasi 4 milioni di persone hanno lasciato il Sudan. Molte di loro sono fuggite in Ciad dove si trova Maurizio Debanne (Responsabile ufficio stampa MSF Italia), per testimoniare la crisi umanitaria in corso e raccontare il nostro impegno nel paese.