VARESE, 23 maggio 2025-“Il Long Covid è da tempo una vera emergenza professionale. In Italia, almeno 20mila professionisti sanitari convivono con sintomi cronici derivati da contagi pregressi, che li rendono fragili, stanchi, inascoltati. Ma per lo Stato non esistono. È inaccettabile”: con queste parole, Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale di COINA, il sindacato delle professioni sanitarie, denuncia la grave situazione in cui versano migliaia di operatori sanitari italiani. Nonostante l’esposizione in prima linea durante la pandemia, il Long Covid non è ancora riconosciuto come malattia professionale, né esistono percorsi di presa in carico specifici per chi ne soffre.
I dati diffusi dall’OCSE sono allarmanti: quasi un italiano su dieci sopra i 45 anni presenta sintomi persistenti post-Covid, e l’Italia figura tra i paesi più colpiti. Tra infermieri, tecnici, ostetriche e altri operatori sanitari, l’impronta lasciata dal Long Covid è pesante. “Abbiamo colleghi che soffrono di spossatezza cronica, nebbia mentale, vertigini, disturbi respiratori e neurologici. Ma nessuna tutela. Nessuna indennità. Nessuna rete clinica dedicata per accertare fino in fondo la natura delle problematiche. Ci viene chiesto di resistere, ma con il silenzio delle istituzioni, a cedere è la sanità pubblica”, prosegue Ceccarelli.
Basandosi sui dati INAIL, oltre 320mila infermieri sono stati contagiati dal Covid-19. Secondo proiezioni europee, almeno un sesto di loro potrebbe soffrire oggi di Long Covid. Questa situazione si traduce in turni scoperti, reparti sotto organico e migliaia di operatori costretti a ferie forzate, malattie lunghe o, nei casi peggiori, dimissioni e pensionamenti anticipati.
COINA ha avanzato precise richieste al Ministero della Salute e all’INAIL, chiedendo cinque azioni immediate: il riconoscimento del Long Covid come malattia professionale per i sanitari contagiati sul lavoro; percorsi clinici dedicati e multidisciplinari integrati nella medicina territoriale; supporto psicologico e riabilitativo gratuito, con accessi rapidi e prioritari; un’indennità economica specifica, parametrata alla cronicità e alla disabilità lavorativa; e un’indagine nazionale per valutare l’impatto reale del Long Covid tra i professionisti sanitari non medici.
“La nostra sanità sta pagando un prezzo altissimo rispetto all’immobilismo della politica. Servono risposte, non promesse. Gli operatori sanitari non sono invisibili, non sono fantasmi: senza il loro lavoro, la macchina del SSN si ferma”, avverte Ceccarelli.
COINA sta valutando la possibilità di effettuare una rilevazione interna per mappare il numero di professionisti con sintomi invalidanti post-Covid, le assenze per malattia di lungo periodo legate al Long Covid, i casi di dimissioni volontarie e pensionamenti anticipati, e l’impatto diretto su turni, reparti e carichi di lavoro.
“Non si tratta solo di tutele individuali. Si tratta della tenuta dell’intero sistema sanitario pubblico. Serve un cambio di rotta immediato. Il Long Covid non può più essere classificato come malattia comune. È una ferita aperta, professionale e sociale. E COINA continuerà a pretendere che venga finalmente riconosciuta per ciò che è: una malattia da lavoro. Una malattia da sanità”, conclude Ceccarelli.