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Le aziende varesine dicono no ad un lockdown totale: sondaggio di Confartigianato Imprese

VARESE, 3 novembre 2020-Sono poco meno di 700 le aziende che nell’arco di tre giorni hanno scelto di far sentire la voce del mondo produttivo in previsione delle decisioni che Governo e Regione si apprestano ad assumere per contenere la diffusione del Coronavirus.

Pressoché unanime il giudizio – negativo – sull’ultimo Dpcm (24 ottobre 2020), ritenuto dal 71,8% degli imprenditori «inutile a contenere la pandemia e l’espansione del contagio» e ancor più secco il no alle decisioni tranchant modello lockdown totale, come quello già vissuto nei 69 giorni di confinamento forzato della scorsa primavera.

Le aziende non hanno dubbi: è impensabile un bis (69,7%). Piuttosto, le imprese aprono ad una soluzione “soft”, ovvero a un periodo di lockdown limitato ad una settimana circa ogni due mesi, finalizzata a rendere sostenibile e controllabile la diffusione del virus (28%).

«Un dato che ci fa capire quanto le aziende siano disposte a fare un nuovo sforzo per mettere una pietra su quelli che consideriamo nemici infidi al pari del virus, ovvero l’incertezza e la confusione delle decisioni avventate, nella consapevolezza che bisognerà purtroppo convivere ancora a lungo con il Coronavirus» spiega il direttore generale di Confartigianato Varese, Mauro Colombo, che tiene sotto controllo l’andamento della curva virale dall’osservatorio di viale Milano nel tentativo di trovare soluzioni di compatibilità tra produzione e salvaguardia della salute.

Certo, sono molte le aziende che ritengono ogni forma di lockdown problema (65%), ma è altrettanto vero che il rimanente 35% concorda nel valutare mediazioni finalizzate a sopportare i «lunghi mesi che ci separano dalla fine del tunnel» per dirlo con le parole della cancelliera tedesca Merkel.

«Senza tracciamento, senza dati è difficile assumere decisioni – sottolinea ancora Colombo – Ma sappiamo che le soluzioni estreme come il lockdown, o quelle troppo deboli come il distanziamento fisico e l’utilizzo di mascherine, non sono più accettabili. Entrambe hanno un costo economico e sociale insostenibile».

Fondamentale diventa, dunque, «individuare un punto di equilibrio in cui assicurare le attività economiche e produttive e rendere la presenza del virus a livelli sostenibile, specie nelle sue ricadute sul sistema sanitario».

«Purtroppo – rimarca il dg di Confartigianato Varese – la pandemia durerà per molto tempo: è difficile che possa arrivare una soluzione a breve. Dobbiamo modificare i nostri comportamenti, accettandone le conseguenze, evitando il panico e assumendo decisioni razionali e confortarti, mutuando il tutto da evidenze oggettive e misurabili».

Non è d’altro canto difficile immaginare quanto sia stato duro il prezzo della decisione della scorsa primavera. In seguito al primo lockdown, il 62,7% delle imprese è arrivata all’esaurimento di risorse finanziarie. A seguire (56,5%), sono subentrate la perdita di commesse e, ancora, la difficoltà nel pagare gli affitti, nel sostenere il peso fiscale (41,8%), nel pagare i fornitori (32,2%) e nel mantenere il livello occupazionale (32,2%).

Tutte conseguenze dovute all’impreparazione con la quale il nostro Paese, e non solo il nostro, ha affrontato la prima delle due ondate pandemiche, sulle quali le imprese si dividono: il 41,2% ritiene che questa sia meno preoccupante della prima per via delle migliori conoscenze sanitarie mentre il 40,7% rileva un numero di casi in aumento e, dunque, una pericolosità crescente.

«Nel corso della prima ondata si sono interrotte le filiere, ci siamo trovati con ordini da smaltire che non potevamo evadere, fornitori o clienti arrabbiati e tanti disagi: non sapevamo come muoverci» analizza il presidente di Confartigianato Davide Galli, che assicura: «Un eventuale secondo lockdown pesante sarebbe troppo: abbiamo fatto di tutto, spendendo anche molti soldi, per mettere al sicuro le aziende e non vogliamo tornare al punto di partenza». Senza contare che il lockdown non ha sradicato la pandemia. Cosa, a questo punto, che in molti credono impossibile, almeno fino all’arrivo del vaccino: «Lockdown più leggeri ma più vicini nel tempo, che non agiscano sulle attività produttive, sarebbero dunque più accettabili e accessibili».

Insomma, chiarezza, mantenimento dell’attività produttive, brevi choc per ridurre il livello di diffusione del Covid e convivenza sostenibile. Perché, dicono le imprese, un altro lockdown sarebbe la pietra tombale dell’economia, anche in una provincia stavolta così duramente provata come quella di Varese.

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