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”Le tracce biologiche sulla busta non sono di Stefano Binda”, la scienza in aiuto alla Corte di Cassazione

MILANO, 19 ottobre 2019 – “E’ la scienza che ha testimoniato” a favore di Stefano Binda e che ha “introdotto negli atti processuali un dubbio molto più che ragionevole circa la sua estraneità rispetto al componimento poetico, e, quel che più conta, rispetto al delitto”. Si tratta della poesia ‘In morte di un’amica’, attribuita all’imputato e tra gli indizi principali.

Lo scrivono i giudici della Prima Corte d’Assise d’Appello di Milano, nelle motivazioni della sentenza con quella di primo grado e ha assolto il 51enne accusato del delitto della giovane, nel 1987 a Cittiglio (Varese).

La Corte, presieduta da Ivana Caputo, scrive anche che la scienza ha dato “‘voce processuale’ alla vittima, ad onta del tempo trascorso e degli errori compiuti per i quali non si può fare altro che esprimere rammarico e fare ammenda”, e ha dato anche “un aiuto decisivo e dirimente anche all’imputato”. Secondo i giudici, non stato è Binda “ad avere lasciato tracce biologiche sulla busta spedita a casa Macchi” per recapitarvi la poesia.(ANSA)

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