FemVa ed EOS, Centro Anti violenza di Varese, il 25 maggio si uniscono alla mobilitazione nazionale di Non Una di Meno contro gli attacchi al diritto all’aborto

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VARESE, 21 maggio 2024-“Un diritto sancito 46 anni fa dalla legge 194/1978, ma violato e disatteso ogni giorno in tutte le regioni d’Italia, dove il Sistema Sanitario va in ordine sparso e segue le correnti delle diverse Giunte Regionali” afferma Giulia Tiziani, portavoce del collettivo femminista varesino FemVa, noto a Varese per i cortei dell’8 marzo degli ultimi due anni e per i presìdi contro la violenza organizzati in Piazza Carducci, l’ultimo dei quali si è tenuto l’11 maggio. “Un diritto da sempre ostacolato nella sua attuazione concreta: il problema principale è l’obiezione di coscienza, diventata da subito la norma, su tutto il territorio nazionale. Solo nella provincia di Varese, il numero di medici obiettori di coscienza supera il 75% del totale”.
Si è tornati a parlare di aborto e 194 a metà aprile quando, con un emendamento al DL 19/2024 che riguardava tutt’altro (in particolare l’utilizzo di fondi destinati al PNRR), il governo ha istituzionalizzato la presenza delle associazioni anti-abortiste nei consultori pubblici. Ma per il mondo dell’attivismo femminista e non solo, è un tema che non ha mai smesso di essere caldo, in particolare in una regione che da decenni mette in mano ai privati (e ai gruppi cattolici) il mondo della sanità.
“Quello all’aborto è un diritto faticosamente ottenuto dalle lotte femministe, nato purtroppo già depotenziato dai compromessi politici di cui fu figlio, scarnificato nel corso degli anni dal definanziamento della sanità pubblica, dallo smantellamento dei consultori, dalla sistematica presenza degli obiettori nelle strutture sanitarie, dalla politica locale e da quella nazionale, che con Fratelli d’Italia ad aprile ha solo battuto un ulteriore colpo per dimostrare che i corpi delle donne sono ancora, sempre, uno dei “campi di battaglia” ideologici delle Destre. E non sarà l’ultimo: le associazioni anti-abortiste sono presenti negli ospedali e anche nei consultori da molti anni, grazie alle politiche apripista di Regioni come il Veneto, il Piemonte, le Marche, la nostra stessa Lombardia – che è stata la prima regione a istituire un fondo amministrato dal Movimento per la vita nel lontano 2000 -, o l’Umbria. Ed è dall’Umbria che le Destre muoveranno il prossimo passo: a Terni sono riusciti a far entrare le associazioni cattoliche e pro vita nei centri antiviolenza. Temiamo che condotte locali come questa possano diffondersi su scala nazionale. I diritti non sono mai qualcosa di acquisito definitivamente, vanno costantemente monitorati e difesi”.

Siamo estremamente preoccupate di ciò che avviene a Terni dove il movimento per la vita si è insediato nei centri antiviolenza per impedire o ostacolare la libertà di scelta ed autodeterminazione delle donne” affermano nel comunicato congiunto le donne di EOS, Centro Antiviolenza di Varese. “La maternità non può essere frutto di violenza, ma deve essere una scelta libera e consapevole nel rispetto della dignità della donna. Per questo valutiamo come un atto politicamente “violento” l’emendamento proposto dal deputato Malagola di Fratelli d’Italia e chiediamo a tutti coloro che sono democratici di sostenerci per il rispetto della nostra libertà di scelta”.

“Diamo appuntamento alle persone che ci seguono e a tutta la cittadinanza sabato 25 maggio, in occasione del 46° anniversario della legge 194 (22 maggio 1978), alle ore 15.00 davanti all’Ospedale Del Ponte” prosegue Tiziani. “Anche nel 2023 abbiamo fatto partire il nostro corteo dell’8 marzo da quel luogo. Per noi è un luogo simbolico, perché l’Ospedale Del Ponte è il più importante polo materno-infantile della nostra provincia, e al suo interno è presente uno “sportello di ascolto” del Movimento per la Vita fin dal 2006, aperto tre giorni alla settimana nei medesimi orari dell’ambulatorio IVG (interruzione volontaria di gravidanza). Ci troveremo lì per rivendicare il diritto di tutt3 ad attraversare gli spazi della salute senza paura, senza giudizio e senza abusi, ad un sistema sanitario pubblico, laico, adeguatamente finanziato e accogliente. Non accetteremo interferenze sui nostri corpi, né su quelli delle nostre sorelle transgender, intersex o non binarie. Ad ogni tentativo di restringere la libertà di azione delle donne, le donne italiane sono pronte a rispondere. E Varese anche”.