Intervista esclusiva a Bones Owens, musicista americano dall’anima blues ma con il rock nel cuore

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Bones Owens (credit Robby Klein)

VARESE, 21 aprile 2021-Tra le sorprese piú belle che ci abbiano musicalmente regalato questi primi mesi del 2021 (al netto della pandemia), sicuramente l’album di debutto (omonimo) di Bones Owens inciso in soli tre giorni e altri tre dedicati al missaggio.

Una sferzata di rock garage saccheggiando dagli anni ’60 con un sound molto vicino a Kinks (ascoltate Keep on Running) o Troogs. Ma in questo lavoro discografico prodotto da Paul Moak (Alabama Shakes e Blind Boys of Alabama giusto per citarne qualcuno) il musicista americano- autore di tutti i testi oltre a un modo semplice ma estremamente ispirato di suonare l’elettrica-non si ferma alle apparenze inanellando una serie di brani dalla presa immediata prendendo ispirazione dai Credence Clerawater Revival o Black Keys, ma soprattutto da R.L. Burnside (artista che di eclettismo ne sa qualcosa) e, come ammette lui stesso, pure da David Junior Kimbrough altro bluesman dotato di grande tecnica chitarristica e forte carisma scomparso nel 1998.

Bones Owens. (credit Elizabeth Broocks Owens)

Insomma non ci si annoia. Un cambio di rotta notevole rispetto ai due precedenti Ep  (”Hurt No One” e ”Make Me No King”), dal sound completamente diverso con un mood piú vicino al genere Americana.

D’altronde per uno che vive a Nashville trasferitosi a 21 anni da una piccola cittá del Missouri, il primo impatto musicale non poteva che essere quello con la musica country e Americana.

Poi la svolta quando capisce che quei pezzi, nonostante testi mai banali anzi con una scrittura a volte piuttosto forbita, dal vivo rendessero poco. Di piú: annoiassero.

Cosí Owens decide di dar sfogo a tutte le sue passioni musicali inserendole in quel melting pot dal filone rock, rock blues e hill country blues, dando vita a un ottimo lavoro discografico testandone diversi pezzi in anteprima durante il tour del 2019 ottenendo sempre un ottimo riscontro ad ogni concerto.

A questo punto era d’obbligo sentirlo per conoscerlo meglio intervistandolo

Owens grazie per avere accettato l’intervista, personalmente tenevo molto conoscere l’autore di uno degli album piú belli che ho ascoltato negli ultimi mesi.

Grazie, sono contento ti sia piaciuto. E’ un piacere anche per me dialogare con te e per i lettori di Varese7press.

”Bones Owens” é un album molto bello, diretto, senza fronzoli e dall’impatto immediato su chi lo ascolta. Anche le storie che racconti a livelllo di testi non lasciano dubbi sulla tua forte personalitá e il tuo modo di essere: da cosa nasce questa capacitá nella scrittura?

Sono sempre stato interessato alla scrittura. Fin da piccolo ho iniziato a scrivere racconti. Durante la mia adolescenza, ho iniziato a scrivere canzoni come mezzo per raccontare storie. Più tardi sono andato al college per approfondire l’inglese e la scrittura creativa, dove ho potuto conoscere e apprezzare molti autori incredibili. Esperienza e conoscenze letterarie che mi hanno sono spinto ulteriormente a intraprendere un percorso creativo verso la narrazione e la poesia.

Sei anche un ottimo chitarrista: da chi hai ereditato questa dote?

Sono cresciuto in una famiglia di musicisti. I miei genitori cantano entrambi e mia madre suona il piano. Proprio lei mi ha fatto prendere lezioni di piano quando avevo 6 anni e verso i 10 sono passato all’utilizzo della chitarra prendendo lezioni da una signora per un paio d’anni apprendendo alcune tecniche di base. In realtá ho proseguito da autodidatta a partire dai 13 anni in poi. In quel periodo ho imparato da solo, ma in modo sbagliato, a suonare molte canzoni di Jimi Hendrix e Led Zeppelin, brani e metodi che hanno poi influenzato il mio attuale modo di interpretare e suonare la chitarra elettrica

Sei nato in Missouri ma ti sei trasferito a 21 anni a Nashville dove vivi da quindici anni con la tua famiglia. Nashville é una cittá nota soprattutto per la musica country e new country che tu in parte hai assorbito artisticamente soprattutto nei tuoi primi Ep, poi gradualmente hai cambiato genere riversando le tue storie in un diluvio di musica rock e blues: a cosa é dovuto questo cambiamento?

Come ho accennato prima, sono cresciuto con la musica rock e blues ma sono sempre stato influenzato anche da altre cose. Ho suonato con diversi di gruppi rock, ma se all’epoca stavo pubblicando il primo EP dove, rispetto ai gruppi con i quali provavo in quel momento, mi sentivo più influenzato da alcuni dei miei artisti, cantanti, cantautori insomma narratori preferiti come Bob Dylan, Neil Young, Tom Waits, Tom Petty, ecc.  Quando è arrivato il momento di iniziare a suonare dal vivo la mia musica, ho capito che quel genere che non era molto eccitante da suonare in concerto. A quel punto ho deciso di cambiare quasi radicalmente genere, scrivendo questo nuovo disco pensato per dei live set energici. Penso sia questa la differenza che tu hai percepito.

A questo punto devo chiederti quali sono i musicisti che ti hanno influenzato di piú a livello artistico e cosa stai ascoltando in questi mesi: hai qualche musicista da segnalarci che magari non conosciamo?

Quest’ultimo disco è stato fortemente influenzato dal garage rock degli anni ’60 come i Kinks e i Troggs, mescolati con gli artisti blues di Hill Country R.L. Burnside e Junior Kimbrough. Le strutture della canzone sono semplici e ripetitive e vanno dritte al punto. Onestamente ascolto poco la nuova musica che sta uscendo, andando sempre alla ricerca di vecchi artisti ascoltando e approfondendo certa musica attraverso i loro dischi.

Nel disco vi sono dei pezzi molto di presa come “White Lines” dove la band viaggia a mille tra la tua voce e chitarra, il basso di Jonathan Draper (che suona pure l’hammond) che ci da dentro alla grande e la batteria di Julian Dorio che detta il ritmo in modo incredibile: l’affiatamento é perfetto ma é la stessa band con la quale suoni anche dal vivo?

White Lines è in realtà una delle poche canzoni del disco in cui Draper e Julian non stavano registrando. Lance Bennett suona la batteria e Sonny Remlinger suona il basso in quella. Quella particolare traccia è stata registrata e mixata da Vance Powell (Jack White, Raconteurs, Chris Stapleton). Per quanto riguarda la mia band dal vivo, ha cambiato forma già un paio di volte, ma per la maggior parte sono in tour solo come duo dove, oltre al sottoscritto, vi é il batterista Lance Bennett.  Julian Dorio ha effettivamente registrato la batteria nella maggior parte dell’album oltre ad avere giá fatto qualche tour con me.

Ogni tanto suoniamo come trio con la partecipazione di Sonny Remlinger o Jonathan Draper al basso. Ma in generale dal vivo siamo solo io, un batterista e un muro di amplificatori.

Molte delle nuove canzoni le avevate provate in ‘presa diretta” durante l’ultimo tour nel 2019 (poi la pandemia ha bloccato tutto). Album registrato a Nashville nello studio di Paul Moak che lo ha prodotto. Si sente la sua mano, soprattutto in brani come la giá citata ”White lines” oppure ”Keep it close” e ”Keep on running” con un sound che ricorda i Black Keys o Alabama Shakes ma in versione piú ”aggressivi”e senza fronzoli: sei d’accordo?

È vero, abbiamo realizzato il disco subito dopo un tour nello studio ”The Smoakstack ”del mio amico Paul Moak. A quel punto avevamo in effetti un sacco di canzoni pronte che giá suonavamo ad ogni concerto. Paul aveva anche registrato il mio precedente EP ”Make Me No King” oltre ad avere lavorato insieme per altri progetti in passato: con lui vi é un feeling e una fiducia che non ho con nessun altro produttore. Paul capisce subito cosa serve e possiede inoltre tutti gli strumenti di cui abbiamo bisogno per far suonare i dischi nel modo in cui li sento suonare nella mia testa. E per rispondere alla tua domanda, i Black Keys e gli Alabama Shakes sono entrambi gruppi contemporanei che ammiro, quindi ogni confronto è sempre benvenuto.

L’intero album é una sorta di racconto (forse autobiografico) dove utilizzi le tue canzoni per raccontare stati d’animo diversi che si dipanano nel tempo: come nel triste brano ”Wawe” o il piú felice ”Good day” con la partecipazione vocale di Regina McCrary (che ha cantato anche con Bob Dylan!). Sará difficile trovare nuove storie per il prossimo album.

In realtá spero non sia troppo difficile trovare nuovi contenuti per il prossimo album. In effetti è sempre una preoccupazione. Più musica metti là fuori, piú inizi a consumare alcune delle tue buone idee e devi subito trovarne altre per evitare di ripeterti a livello creativo: ammetto che questo non sia semplice.

OWENS SALUTA I  LETTORI DI VARESE7PRESS

A proposito di futuro, questa pandemia ha messo in ginocchio l’intero mondo musicale che ha voglia di ripartire al piú presto come tutta la societá. Questa situazione quanto e come ha condizionato la tua vita artistica e quella privata?

A essere onesti devo dire che é stato difficile dal punto di vista creativo Sono abituato a viaggiare e incontrare nuove persone, fare nuove esperienze e da tutte questo traggo molta ispirazione. Sono riuscito a scrivere molte canzoni nell’ultimo anno, quindi l’ispirazione non si è prosciugata completamente, ma ovviamente non vedo l’ora di viaggiare e rivivere la vita (anche umanamente) on the road il prima possibile Non sono abituato a guardare gli stessi muri per un anno, quindi è stato piuttosto strano essere rinchiusi in casa. Il lato positivo di questa pandemia è tutto il tempo trascorso con la mia famiglia e il fatto di essere in giro a trascorrere del tempo prezioso con mio figlio, che compie 4 anni proprio in questo mese di maggio. Mi sento molto fortunato di vivere e avere vissuto lo scorso anno in un luogo sicuro lontano da pericoli legati alla pandemia. So che quando torneremo a suonare musica dal vivo, sarà una grande celebrazione della vita e dell’amore.

Owens ti ringrazio molto per la questa bella intervista e gentilezza, con la speranza di vederti presto in concerto in Italia!

È stato un piacere e spero di venire a suonare presto in Italia.

direttore@varese7press.it