VARESE, 11 giugno 2025-Più di due prodotti agroalimentari “tricolori” su tre venduti nel mondo sono in realtà delle imitazioni, senza alcun legame con la filiera produttiva e occupazionale italiana. È questa la sconcertante stima di Coldiretti, diffusa in occasione della Giornata mondiale contro la contraffazione che si celebra oggi, 12 giugno. Questo fenomeno, noto come “italian sounding”, genera un danno economico e d’immagine gravissimo per il settore agroalimentare nazionale.
Il valore globale dell’italian sounding ha superato i 120 miliardi di euro. Colpisce, in misure diverse, tutti i prodotti, in particolare quelli a Denominazione d’Origine, e si concentra soprattutto nei Paesi ricchi. Gli Stati Uniti sono in testa a questa classifica, con una produzione di “tarocchi” che ha già superato i 40 miliardi di euro in valore.
Pietro Luca Colombo, presidente di Coldiretti Varese, sottolinea come questo “business” potrebbe ricevere un’ulteriore spinta dall’eventuale imposizione di dazi sull’agroalimentare Made in Italy. “L’aumento dei prezzi degli ‘originali’ porterebbe i consumatori americani a indirizzarsi su altri beni più a buon mercato, a partire dai cosiddetti italian fake”, spiega Colombo.
Sebbene gli Stati Uniti siano i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei prodotti italiani sono diffuse in tutto il mondo, dall’Australia al Sud America, e persino sul mercato europeo.
Coldiretti ha stilato una “top ten” dei cibi Made in Italy più contraffatti a livello globale. Al primo posto, non a caso, troviamo i formaggi, con Mozzarella, Parmigiano Reggiano e Grana Padano tra i più bersagliati, seguiti da Provolone e Pecorino Romano. Ma il fenomeno non risparmia altri prodotti simbolo della nostra tradizione culinaria.
LA TOP TEN DEI CIBI MADE IN ITALY PIU’ TAROCCATI NEL MONDO (Elaborazione Coldiretti):
- Mozzarella
- Parmigiano Reggiano e Grana Padano
- Provolone
- Pecorino Romano
- Salami e prosciutti
- Mortadella
- Sughi
- Vino
- Pesto
- Olio extravergine di oliva
Questo fenomeno della contraffazione non solo erode quote di mercato e ricavi per le aziende italiane, ma danneggia anche l’immagine e la reputazione del vero Made in Italy, minando la fiducia dei consumatori e la tradizione che rende unici i nostri prodotti agroalimentari.